Claudio Collovà

direttore artistico

Orestiadi: nel segno del contemporaneo è la prima edizione di un festival di teatro, danza, circo, musica e arte performativa, cinema e poesia che include - oltre ai tradizionali e consueti luoghi dello spettacolo - alcuni dei tanti spazi architettonici della città di Gibellina. Il Festival costruisce nelle intenzioni un diverso itinerario della percezione, riduce la separazione fisica tra la città, la sua comunità e i luoghi che la disegnano, e allarga la complessità dello sguardo sullo spettacolo grazie all’incontro anche tra gli artisti e l’architettura.

Così il Festival è anche un progetto sullo spazio scenico e sul dialogo - peraltro storicamente non nuovo, se si pensa alle piazze rinascimentali - tra le linee e le traiettorie della ricerca artistica e le forme e le geometrie dei luoghi qui concepiti da architetti particolarmente interessati a una edificazione dinamica degli spazi. Esistono e da molto tempo illustri esempi di festival in Italia e in Europa che dedicano molta attenzione e interesse al dialogo tra l’arte performativa e l’ambiente e in particolare l’architettura. Gibellina, ricca di insediamenti artistici, sedimentati nel tempo, offre agli artisti e al pubblico questa bellissima opportunità.

Il Festival, così concepito, rimane comunque nel solco di una tradizione già avviata negli anni passati, quando le Orestiadi non erano solo al Baglio di Stefano o al Cretto come nelle recenti edizioni, ma invadevano le piazze e i palazzi, trasformando la città in un luogo di festa e di incontro per la sua comunità. In questi luoghi si potrà quindi rientrare con un’altro sguardo e soprattutto con tutti i nostri sensi, imparando a vedere come dice Rilke, i luoghi in relazione ad altro, mutando la concezione dell’architettura come oggetto a sé nel paesaggio, pensando a un uso differente dello spazio e quindi del tempo. Ma non sarà un percorso a senso unico. Forse l’arte performativa renderà più visibile i luoghi attraverso l’invisibile, ma da questi ne sarà anche influenzata, trasformata, radicalmente mutata anche solo per assonanze involontarie, o affinità fortuite.

Gli spettacoli del festival saranno ospitati e accolti in spazi specifici, saranno sovrapposti, e molti entreranno in dialogo e relazione. In ogni caso sarà un invito alla scoperta di un territorio, una valorizzazione dello spazio urbano anche con un aspetto politico. L’arte usata come uno strumento per una trasformazione sociale, poiché si tratta comunque di luoghi pubblici e perché tenta con forza di avvicinare l’arte contemporanea a un pubblico di non specialisti, riappropriandosi dei luoghi e vivendoli come spazi dell’espressione.

Ritorna ad essere magistrale l’esempio di Gibellina, nell’idea del suo

fondatore Ludovico Corrao, secondo cui partendo da un pensiero sulla società si è giunti alle opere, e dalle opere si è riflesso sulle risposte che la città ha dato e ritornerà a dare alle sollecitazioni dell’arte.

Gli spazi scelti per questa prima edizione non sono tanti se si considera l’immenso patrimonio architettonico di Gibellina, le potenzialità sono sicuramente enormi quando si pensa anche agli edifici - persino quelli mai ultimati - e alle numerosissime istallazioni visionarie o ai reperti di archeologia teatrale che la città ospita. Caratteristiche specifiche che fanno di Gibellina una candidata di auspicabili prossime edizioni di teatro e danza urbana. I luoghi prescelti sono il Sistema delle Piazze di Laura Thermes e Franco Purini con le sue forme geometriche rettangolari che danno profondità e sembrano accompagnare il visitatore in un ambiente di chiara ispirazione metafisica e che è sempre oltre il reale, il Palazzo Di Lorenzo di Francesco Venezia, particolare esempio di memoria recuperata, una singolare casa-museo che racchiude nel suo cortile la facciata di un antico edificio della vecchia Gibellina, dal cui piano superiore si può vedere, poggiato su un prato l’aratro di Arnaldo Pomodoro. Piazza XV gennaio 1968, sede del Municipio della Città e delle sculture di Pietro Consagra, Mimmo Rotella e Alessandro Mendini sarà lo spazio dedicato ai concerti. L’Area 85 di Marcello De Filippo è scelta per atti performativi che possano sfruttare l’altezza e il suo labirinto ferroso. E poi naturalmente il Baglio Di Stefano con il suo palco centrale, il Museo Ludovico Corrao in città e il Museo delle Trame Mediterranee al Baglio che, oltre a svolgere la loro tradizionale funzione di mostra permanente di arte contemporanea, diverranno anche la casa per il progetto cinema che accompagnerà il festival e il progetto poesia che si terrà in autunno e per performance di danza contemporanea in dialogo con le opere d’arte.

Sono sei gli assi lungo il quale si muove questo nuovo Festival dal titolo per noi significativo. Nel segno del contemporaneo è infatti un titolo con cui si intende una ricerca artistica costante del linguaggio, mai fermo, sempre in movimento, che non si adatta all’oggi, e che tende comunque ad esprimere da parte dell’artista una sua propria e personale visione, una sua prospettiva unica e coerente, mai ferma e rigida, mai forma e stile, ma sempre orientata verso l’ascolto della propria necessità espressiva. Gli assi hanno per noi preso il nome di Progetti: cinema, percorso poetico, progetto Odisseo, Festival di teatro e danza, Musica del Mediterraneo, e infine il progetto speciale Change Performing Arts di Franco Laera.

Sono 25 i gruppi e le compagnie ospitate per questa prima edizione, tra le più significative e riconosciute esperienze italiane ed estere, di danza, musica, teatro, circo, con 35 spettacoli differenti e dieci documentari in visione permanente, con l’intento di allargare non solo il dialogo tra arti dello spettacolo dal vivo com’è sempre stato peculiare a tutte le XXXII edizioni del Festival delle Orestiadi fin qui realizzate, ma anche di rivolgersi a un pubblico non solo specializzato. E saranno quasi 150 gli artisti coinvolti a vario titolo: poeti, drammaturghi, scenografi, registi, musicisti, attori, ideatori luci e sound designer, coreografi e danzatori, artisti circensi e videomaker.

La rassegna dedicata al cinema, già presentata a Gibellina nel mese di dicembre scorso, avvia una felice collaborazione con il Centro Sperimentale di

Cinematografia di Palermo, con la proiezione di corti e mediometraggi ispirati all’arte, alla poesia, alla letteratura, al teatro contemporaneo, realizzati dagli allievi registi della scuola di cinema e presentati in mostra permanente all’interno del festival. La collaborazione tra il Centro Sperimentale di Cinematografia di Palermo e la Fondazione Orestiadi si pone come un’alleanza strategica nel nome di un obiettivo comune, quello di costituire un presidio culturale che ponga la Sicilia come punto di riferimento per la sperimentazione artistica. Arte figurativa, drammaturgia, teatro, poesia, fotografia, letteratura, musica contemporanea e sperimentale in documentari che indagano artisti rappresentativi di tutte le arti con forti radici e importanti connessioni con la Sicilia, da Alberto Burri - artista fondamentale per Gibellina - a Ignazio Buttitta, Vincenzo Rabito, i fratelli Mancuso, Giovanni Chiaramonte e moltissimi altri. Uno sguardo attento che coniuga conoscenza e riflessione sui percorsi artistici di personaggi legati in vario modo col territorio siciliano.

Nell’autunno 2014, nella bellissima cornice del Museo delle Trame al Baglio Di Stefano due giorni completamente dedicati alla poesia, con un progetto curato e ideato da Francesca Corrao, presidente del comitato scientifico della Fondazione. Il progetto ribadisce il sogno di Ludovico Corrao di voler ridare alla Sicilia il ruolo di fucina sperimentale che già in passato ha nutrito la cultura europea essendo punto di cesura tra il mondo antico e la modernità nell’incontro con la civiltà islamica da cui ha tratto spunti e prolifiche conoscenze. La Fondazione proporrà due giornate di letture ai grandi interpreti della poesia mediterranea perché il loro ruolo torni ad essere centrale nel promuovere un nuovo umanesimo, come recita il poeta giapponese Daisaku Ikeda ‘quando i poeti si abbracciano il cielo sorride’. Dieci i poeti presenti, ospiti dall’Italia e dai paesi nord africani del Mediterraneo, nello spirito dell’intero progetto.

Il Festival si apre con lo spettacolo Ogni qual volta levo gli occhi dal libro, frutto di un intenso laboratorio di residenza in Sicilia da me diretto, in un progetto speciale che abbiamo chiamato Odisseo. Il titolo è un bellissimo verso di Rilke, e racconta di uomini e donne che sollevano gli occhi e incontrano una realtà trasfigurata, frutto della loro totale immersione nel mondo parallelo della lettura. Magritte e il suo dipinto Il mese delle vendemmie, pensato qui come spazio scenico, è un luogo artistico di approdo per una comunità di viaggiatori a bordo del Titanic, poco prima del naufragio. Il Teatro dei Due Mondi di Faenza sarà presente con la straordinaria parata Fiesta, spettacolo itinerante che trasforma le strade in una festa di ambiente sudamericano. Ritmi di tamburi, personaggi alti tre metri con volti di cartapesta, colorati costumi rattoppati, bandiere e fischietti, fuochi e tre compagnie di circo contemporaneo provenienti da Francia, Spagna e Belgio, Cie Es, Proyecto Otradnoie, La RuspaRocket, ospiti della compagnia Tanto di Cappello di Palermo, con spettacoli di acrobazie, clownerie, giocoleria, numeri di sospensione aerea e visionari, che avranno il compito di riunire bambini, il pubblico futuro, con gli spettatori adulti in giorni di festa, nel Sistema delle Piazze e al Baglio.

Così come il lavoro coreografico e fortemente ispirato alla poesia del clown di Giorgio Rossi e la sua più che riconosciuta compagnia di danza Sosta

Palmizi di Camucia di Cortona, Arezzo, che interverrà con spettacoli anche adatti alla sensibilità dei più giovani come Animalie ispirato ai movimenti degli animali, e due assoli con lo stesso Rossi protagonista, Alma, performance che fonde danza, clownerie e interpretazione vocale e Sleep Elvation e una peformance nell’Area 85, dal titolo Caso 4, improvvisazione jazz per danzatore e clarinetto. La compagnia Fanny & Alexander di Ravenna con due lavori che fanno riflettere ed emozionare con la cruda surrealtà di questo gruppo che ha raggiunto ormai una maturità espressiva apprezzata in tutta Italia e all’estero, con Discorso Grigio e Discorso Giallo, percorso pluriennale di ricerca sulla forma Discorso che indaga il rapporto tra singolo e comunità, tra individuo e gruppo sociale. Come direttamente connessi al sociale sono i due lavori di Scena Verticale di Castrovillari, e il pluri-premiato Saverio La Ruina che presenta i commoventi lavori La Borto, un monologo ironico, realistico e allo stesso tempo visionario che racconta l’universo femminile di un paese del meridione e il recentissimo Italianesi, ispirato alle storie vere di soldati e civili italiani che all’indomani della seconda guerra mondiale si trovano imprigionati per quarant’anni dal regime dittatoriale albanese. Lo spettacolo è presentato per la prima volta in Sicilia, dopo tantissime rappresentazioni in Italia, dovunque acclamato dal pubblico e dalla critica.

Non solo divertimento quindi, ma anche riflessione e un forte lavoro connesso a percorsi personali drammaturgici come nel caso di Franco Scaldati, padre della lingua teatrale siciliana, il cui lavoro continua ad essere messo in scena dalla Compagnia Franco Scaldati, e le compagnie siciliane Sutta Scupa di Giuseppe Massa, che ha tradotto nella nostra lingua frammenti del Riccardo III di Shakespeare, e di Giacomo Guarneri che dedica il suo lavoro a una delle figure forse più emblematiche e importanti per la Sicilia, Danilo Dolci, spesso dimenticato e che questo omaggio tenta di salvare da un ingiusto oblio. La Sicilia è il terreno di ricerca di Valeria Cimò che con Terra propone una ulteriore tappa di un percorso di cantautorato che indaga un culto terreno radicato nel rispetto del pianeta. Miriam Palma con Sicilia semi – desta. Canti per una voce insonne, si muove all’interno di una raccolta personalissima di canti, storie e musiche, che coniugano la ricerca alla tradizione vocale siciliana, tornando alle origini di archetipi vocali che affondano le radici nella cultura greca e mediorientale.

E ancora ricerca di drammaturgia contemporanea nella serie teatrale Il tempo Libero di Gian Maria Cervo, dramaturg alla Deutsches Schauspielhaus di Amburgo, qui con uno spettacolo diretto da Carlo Fineschi e Kirill Serebrennikov, attualmente direttore del Centro Gogol di Mosca. Il progetto è un esperimento in teatro di scrittura seriale ora al terzo episodio, iniziato allo Schauspiel Essen, in Germania, e poi proseguito al teatro Gunagu di Bratislava. La storica compagnia Teatri Uniti di Napoli presenta due progetti, Titanic The End, dal celebre spettacolo di Antonio Neiwiller, fondatore del Teatro dei Mutamenti e padre della ricerca italiana, scomparso prematuramente, qui in una visione di Salvatore Cantalupo, uno dei suoi allievi più importanti e fecondi e con Caproni! uno spettacolo dedicato al poeta visionario per eccellenza, Giorgio Caproni, interpretato da Andrea Renzi in un progetto creato in collaborazione con Federico Odling, compositore e musicista. Ben

oltre l’occasione del centenario della nascita e il doveroso omaggio ad una delle voci più alte della letteratura italiana contemporanea.

Da Istanbul l’artista turco Ziya Azazi reinterpreta in chiave contemporanea la tradizione delle danze Sufi. I suoi assolo sono dinamici, metamorfici e rendono spettacolare la danza classica sufi suggerendo il conseguimento della gioia come puro rituale, senza schemi prefissati. Con le sue creazioni Ziya Azazi supera i limiti mentali e fisici della tradizione dei dervisci rotanti e inventa una nuova forma. Il focus sulla danza continua con la Compagnia Zappalà di Catania, che oltre alla già citata Sosta Palmizi, rappresenta il sud in Italia e in Europa e che porta uno spettacolo storico come Naufragio con spettatore, un lavoro sull’emigrazione/immigrazione e sul rapporto che noi bianchi/occidentali abbiamo nei confronti del popolo migrante, e il più recente, ancora oggetto di indagine e di sviluppo, Instrument #1 dedicato al marranzano, uno strumento musicale tipico della tradizione siciliana da cui viene tratta una sonorità del tutto innovativa. E ancora danza con il suo programma di didattica museale sperimentale per le esposizioni d’arte moderna e contemporanea della compagnia Danzare Lunare. Il programma prevede un workshop aperto ad attori e danzatori e una performance finale su soggetto dei quadri del Museo d’Arte Contemporanea di Gibellina.

Particolare risalto alla musica mediterranea con un progetto specifico che vede la presenza di gruppi ed ensemble che hanno sviluppato la loro ricerca musicale a partire da fonti di ispirazione che provengono dal tratto comune della tradizione di varie regioni geografiche direttamente influenzate dal bacino culturale del Mediterraneo. La Piccola Banda Ikona di Stefano Saletti, che canta in Sabir, l’antica lingua franca che marinai, pirati, pescatori, commercianti, parlavano nei porti del Mediterraneo: da Genova a Tangeri, da Salonicco a Istanbul, da Marsiglia ad Algeri, da Valencia a Palermo. Il Brass Group di Palermo con l’Orchestra Jazz Siciliana, orchestra riconosciuta in tutto Europa e storicamente la più innovativa e formativa istituzione siciliana di jazz contemporaneo con il suo concerto Latin Explosion, e Curva Minore di Lelio Giannetto che da sempre ha lavorato sulla tradizione, tradendola e riscrivendola e che riunisce musicisti residenti in diverse zone della Sicilia il cui interesse si orienta verso direzioni e soluzioni musicali in diretto rapporto con la pratica dell’improvvisazione. E ancora, nel concerto di apertura del Festival, i Radiodervish, da Bari, una band che ha fatto della contaminazione tra le varie sponde del mare magnum la sua missione. Dar wish, in persiano, significa visitatori di porte. E loro - Michele Lobaccaro, pugliese, bassista, e Nabil ben Salameh, palestinese, cantante, ne hanno attraversate molte per approdare a questo progetto, che fonde tradizioni mediterranee pugliesi e sonorità arabe in un intreccio inconfondibile sulla scena internazionale che è insieme melodico, elettronico e acustico.

Abbiamo l’onore di presentare un focus su Ernst Reijseger uno degli artisti più innovativi degli ultimi venti anni sulla scena internazionale del jazz, world music e nell’improvvisazione. Qui presenta due concerti in collaborazione con Concordu e Tenore De Orosei, gruppo tra i migliori interpreti nel vasto panorama delle musiche vocali sarde. Oltre che la

loro eccezionale bravura, anche per la peculiarità del loro repertorio, che abbraccia entrambe le forme della tradizione vocale di Orosei: quella del canto sacro, tipica delle confraternite religiose, e quella profana del canto a tenore. E ancora con il senegalese Mola Sylla cresciuto nella tradizione dei Griot, poeti-cantori erranti, che tramandavano la tradizione musical-teatrale dell’Africa Occidentale assolvendo ad un’importantissima funzione culturale. Inoltre a completare il fitto programma musicale, allievi del Conservatorio Vincenzo Bellini di Palermo, dipartimento di Musica elettronica, diretto da Emanuele Casale e Giuseppe Rapisarda, presentano composizioni originali di Piersaro Cerami, Pier Paolo Ortoleva, Giuseppe Rizzo, Pietro Bonanno, Ignazio Parisi, Simone Scicolone, Roberto Palazzolo, una nuova generazione di musicisti siciliani. E infine il Festival chiude con due progetti della Change Performing Arts di Milano. Il percussionista Leonard Eto, certamente il più famoso musicista di taiko - il mitico tamburo giapponese – tra i fondatori del gruppo Kodõ, che in Giappone costituisce un’istituzione rispettata al pari di un’orchestra sinfonica, da cui si è staccato per creare uno stile personale ed innovativo. Le sue esibizioni sono un concentrato di potenza sonora e virtuosità strumentale perché Eto sfrutta tutte le potenzialità del grande tamburo Taiko riuscendo a trasmettere al pubblico forti emozioni e spingendolo spesso a danzare mentre ascolta la sua musica. Siamo felici di presentare a Gibellina il suo concerto in dialogo con la danza.

E quindi per concludere in bellezza, l’Arlecchino di Paolo Rossi, Arlecchino contemporaneo, anzi, proiettato verso il futuro, come uscito dalla bocca di un vulcano: irriverente, buffone, ma soprattutto infernale. E non indosserà la maschera, nel tentativo, forse, di liberarsi dalla sua maschera, cui il pubblico italiano è ormai abituato. Nei panni di un Arlecchino inquietante, meno vicino alle origini bergamasche e più a quella dei personaggi diabolici e farseschi della tradizione popolare francese, si ritroverà circondato da altri Arlecchini in carne ed ossa ed anche di legno. Un progetto nato in collaborazione con il Piccolo Teatro di Milano, con ospiti altrettanti famosi arlecchini tra cui Enrico Bonavera, Silvio Castiglioni, Claudia Contin e i Burattini di Daniele Cortesi.

Arriviamo a questa proposta così complessa, dopo un anno di grandi difficoltà per la Fondazione Orestiadi, difficoltà che purtroppo continuiamo a condividere con moltissimi festival siciliani, istituzionali e indipendenti. Per noi continua a essere importante fare il nostro lavoro, mantenendo altissima la qualità della proposta, ma non possiamo non essere seriamente preoccupati dei tagli ventilati e confermati alla nostra ormai più che trentennale attività. Il festival è solo una parte del nostro lavoro e sebbene venga riconosciuto all’estero e in Italia come uno dei festival più importanti e direi necessari della scena contemporanea, e sebbene sia ancora in grado di ideare progetti e attività, la Fondazione soffre oggi di rilevanti e improvvisi tagli che riguardano la sua gestione ordinaria, indispensabile per offrire al pubblico e agli artisti la nostra tradizionale accoglienza, risorse sempre più ridotte annunziate peraltro con molto ritardo e a programmazione già avviata. Uno sforzo enorme, in un momento davvero difficile per lo spettacolo in Sicilia, che ci fa diventare eroi quando non vorremmo né dovremmo esserlo.

È forse per questo che molti spettacoli di questa prima edizione parlano di naufragi? A nome di tutti noi che lavoriamo qui, e a nome degli artisti che verranno qui da tante parti del mondo, chiedo e auspico il sostegno del nostro pubblico, del suo sorriso, dei suoi applausi. Possa la soglia della Porta del Belìce di Consagra, essere solcata da tantissime anime in cerca di bellezza. E possa il sogno di Ludovico Corrao continuare a vivere per portare la poesia nel nostro cuore.

 

Rosario Fontana

presidente Fondazione Orestiadi

Le Orestiadi, nel segno del contemporaneo, nascono grazie ad un progetto elaborato dalla Fondazione Orestiadi e finanziato nell’ambito del P.O. F.E.S.R. 2007/2013, linea di intervento 3.1.3.3.

La realizzazione di questo progetto si intreccia con la crisi economica e di prospettive che la Fondazione da diversi mesi vive a causa dei tagli ai trasferimenti che mettono a repentaglio la sopravvivenza stessa della struttura, con la perdita di 50 anni di storia legata alla rinascita di un territorio e di 10 posti di lavoro. È grazie alla disponibilità di tutto il personale dipendente e dei collaboratori che è stato possibile mettere in cantiere questo progetto ed è a loro che va il ringraziamento di tutto il C.d.A..

Dopo tanti anni la città diventerà nuovamente luogo di importanti manifestazioni culturali, che promuoveranno il territorio e serviranno come volano di crescita economica e culturale. La città con le sue piazze, le sue architetture, le sue sculture en plein air e la sede della Fondazione Orestiadi diventeranno palcoscenico naturale di eventi, che si fonderanno con le parole, i suoni, i colori e le melodie dell’arte. È attraverso questo processo di simbiosi che si vuole affermare il principio di un processo culturale, sociale ed economico inscindibile tra la città e la Fondazione Orestiadi. È attraverso questo processo che si vuole rendere omaggio al compianto Sindaco e Presidente della Fondazione Orestiadi, Ludovico Corrao, per aver creduto, realizzato e tramandato a noi questo immenso patrimonio di opere, ideali e sogni.

 

 

Francesca Corrao

presidente Comitato Scientifico

Fondazione Orestiadi

“Più buia è la notte e più vicina è l’alba” così recita uno scritto di un saggio medievale orientale. Ricordo la notte di Gibellina, ero piccola e da tutta Italia accorsero all’appello di Ludovico Corrao artisti, intellettuali e giornalisti. Oggi torniamo a lanciare il nostro appello ad artisti intellettuali e soprattutto a tutti i cittadini che credono nei valori della bellezza e dell’arte, che credono nella urgenza di puntare sulla infinita creatività italiana per affrontare la durissima crisi internazionale che da anni incombe come la morte e falcia grandi e piccole realtà che da tempo operano nell’ambito delle attività culturali.

Per uscire da questa nuova palude che ci trascina verso la disperazione rispondiamo con il coraggio di portare avanti l’utopia. Nel 1968 erano il fango e la neve che raggelavano le speranze dei Gibellinesi, oggi una crisi economica che in modo ossessionante fa credere che tutto sia perduto che non ci sia speranza per l’arte e la cultura.

L’essere umano ha bisogno della bellezza e della speranza così come necessita del cibo e del sonno, è nell’incontro gioioso che rinnova la speranza quando si attraversano le fasi più critiche, è attraverso il piacere dell’intrattenimento che si rinnova la fiducia nella comunità in cui si vive e si rinsaldano i legami. La gioia del riso ci permette di allentare la pressione delle preoccupazioni e ci distrae dall’orizzonte cupo di un’esistenza durissima. Senza speranza non c’è domani e non si trovano le energie per resistere alle difficoltà , senza fiducia negli altri non c’è possibilità di creare quella comunità che ci aiuta a superare i momenti difficili.

Gli artisti tornano a Gibellina ad alleviare il dolore di questi durissimi anni trascorsi senza l’inventiva geniale del loro padre spirituale, Ludovico Corrao. Grazie a lui è stato possibile avviare questo progetto che ci ha lasciato in eredità per continuare dopo di lui a mandare avanti la sua utopia, un sogno che è durato 43 anni e che ora rimane a noi suoi eredi spirituali di portare avanti con l’orgoglio di voler fare la nostra parte e mantenere acceso il lume della ragione in un’epoca dominata da oscure tempeste finanziarie.

Grazie alla forza vitale degli artisti alla loro fiducia nelle infinite capacità dell’essere umano di resistere e di rinascere, nelle piazze di Gibellina ripartirà la gioia di vivere e di reagire allo spettro della depressione. Con le danze, le musiche e le arti della messa in scena rilanciamo la voglia di speranza allentiamo la tensione per divertirci insieme e ritrovare la forza e l’entusiasmo per affrontare le sfide della vita.

 

 

 Fondazione Orestiadi _ Baglio Di Stefano, 91024 Gibellina _ T +39 0924 67844 _ M info@orestiadi.it Evento realizzato con fondi Po Fesr 2007/2013 misura 3.1.3.3